Di Margherita Marchioni
lunedì 2 marzo 2009
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LETTURE: CECITA' di José Saramago
Ultimamente tendo ad apprezzare molto le letture che parlano di scenari apocalittici. Sarà forse la situazione di crisi in cui si trova il mondo occidentale ad influenzarmi? Nella mia libreria sono presenti anche diversi libri che descrivono utopie o distopie. Penso che aiutino a riflettere sulla condizione umana, per prepararsi a rimboccarsi le maniche in caso di necessità.
Quando ho comprato Cecità, del premio nobel portoghese José Saramago, il panico mi ha assalita. Nonostante ami la lettura, le pagine con caratteri troppo piccoli e ammassati mi creano ansia. Si ha la sensazione di essere sempre allo stesso punto. Solo dopo aver finito il libro mi sono resa conto che anche il layout del libro aveva un senso.
In una città imprecisata, un uomo fermo ad un semaforo diventa improvvisamente cieco. Ma cieco di una cecità bianca, molto diversa dall'oscurità di una normale mancanza di vista. Immaginate di chiudere gli occhi e fissare il sole. Renderà l'idea. Nessun medico ha mai visto nulla di simile, nemmeno quello da cui si reca il povero malcapitato, rispedito a casa senza una spiegazione. Questo primo cieco avrà un ruolo fondamentale: sarà il focolaio che contagerà tutti gli altri che, uno dopo l'altro, perderanno la vista.
In un mondo che si satura velocemente di ciechi, il governo non trova niente di meglio da fare che rispolverare i vecchi manicomi, per rinchiuderci i non vedenti. Il romanzo racconta l'esperienza di confinamento di un gruppo di persone - delle quali non vengono detti i nomi - che vivranno soprusi e violenze, angoscia e fame, prima di giungere alla salvezza. L'altruismo che nasce fra i componenti del gruppo, li libererà da una cecità che è metafora dell'indifferenza umana verso ciò che la circonda.
La scrittura di Saramago è complessa. Il flusso di coscienza scorre senza sosta da un personaggio all'altro, obbligando il lettore a ritornare indietro per capire chi stia parlando. Non c'è distinzione fra dialoghi e pensieri. Quando si arriva alla fine si ha l'impressione di avere davvero scalato una montagna. Ma il romanzo vale ogni riga riletta, ogni riflessione suscitata. I caratteri piccoli e ammassati, scelti dall'editore, danno involontariamente una sensazione di cecità e di ansia che si fonde con la storia. Il film tratto dal libro deve ancora uscire in Italia, ma sono riuscita a vederlo in lingua originale. Nonostante il regista abbia dovuto tagliare il romanzo per poterlo adattare ai tempi cinematografici, il film è un tentativo coraggioso di rendere in immagini qualcosa che è soprattutto pensiero e filosofia.
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