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martedì 3 marzo 2009

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RUBRICA POLITICA - Il diritto di morire

Di Matteo Cavalieri

photo © brykmantra CC:Attribution-ShareAlike

“Il diritto di morire”, questo è il titolo di un saggio di Umberto Veronesi, pubblicato nel 2005 e, mai come oggi, divenuto tanto di attualità.

Nel corso degli ultimi mesi, abbiamo assistito alla quotidiana messa in onda, da un lato, della tragedia della famiglia Englaro e, dall’altro, dei continui diktat da parte del governo e dei suoi ministri su quella che è definita “la difesa della vita”, del tutto incuranti del reale significato di questa immensa tragedia, del tutto incuranti della volontà di Eluana, ripetutamente messa in disparte, celata e coperta.

La famiglia Englaro, con semplicità e determinazione è riuscita a coronare quelle che erano le volontà di Eluana e bisogna rendere onore a Beppino, all’amore con il quale ha accudito per oltre 17 anni la figlia in coma profondo e alla sua strenue lotta contro tutto e tutti per soddisfare il desiderio della figlia: a questo Padre, con la P maiuscola, non possono che andare la mia stima e il mio più profondo sentimento per la tragedia che ha dovuto sopportare.

Ed oggi, dopo la morte di Eluana, cosa accade? Abbiamo un governo in completa deriva dispotica che, anziché legiferare nella tutela e nella difesa dei diritti dei cittadini, preferisce concentrarsi sulle parole della Santa Romana Chiesa, negando ogni forma di sospensione della nutrizione e idratazione artificiale. Abbiamo un’opposizione che, nonostante il cambio di guardia, fatica a trovare quell’unità e quella chiarezza di idee che si richiede ad un partito di opposizione e che riunisce posizioni molto diverse, dai radicali pronti ad una sospensione sempre consentita sino a quelle della coppia Bianchi-Rutelli molto più vicine al ddl del governo: riuscirà Franceschini a dare forza e unità ad un partito ormai allo sbando?

Mentre il governo dibatte, molti dei paesi più sviluppati al mondo - ai quali qualche volta vorremmo assomigliare - hanno già leggi sul testamento biologico degne di paesi sviluppati, capaci di rispondere alle esigenze e necessità dei propri cittadini, garantendone e tutelandone i diritti. Ma anziché prenderli come modelli preferiamo ignorarli.

“Il suicidio nel nostro paese non è reato. Allora mi chiedo perché un poveraccio che si trovi in una condizione di dolore mentale e fisico, che chiede insistentemente di poter terminare la sua vita non debba essere esaudito nel suo desiderio?” questo si chiedeva il grande oncologo. Viviamo in un paese dove presto sarà obbligatoria la nutrizione e l’idratazione artificiale al di là della volontà di ciascuno, dove l’accanimento terapeutico diverrà quotidiano e giustificato, dove i nostri diritti saranno via via calpestati all’insegna di un etica comune disegnata ad arte da chi, in questi secoli, non ha saputo neppure seguire il proprio di insegnamento.
Ma secondo voi è lecito impedire a un individuo di disporre della propria vita anche quando questa è divenuta invivibile? Io penso proprio di no.


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