PLAYLIST della SETTIMANA

Music  

By Marghe 

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venerdì 10 aprile 2009

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CINEMA VINTAGE: "PROFONDO ROSSO"

Di Daniele Bertuzzi

 “…Situazioni incongrue, pallidi tentativi di giallo rosa nei duetti fra Hemmings e la Nicolodi, una foto di Marilù Tolo per commemorare gli amori del regista, la malinconica riesumazione di Clara Calamai e una superdose di efferatezze che a Hitchcock sarebbero bastate per dieci film…” Nel 1975 gran parte delle critiche stroncano il nuovo film di Dario Argento che, invece, raccoglie un fortissimo consenso tra il pubblico. Il quinto film del Maestro è un thriller-horror che tiene in tensione dall’inizio alla fine e mostra invenzioni a livello visivo e strutturale poi riprese da altri grandi registi contemporanei (tra tutti il grande Quentin Tarantino). Alla storia decisamente ricca di tensione si aggiungono una colonna sonora agghiacciante e degli effetti speciali volutamente esagerati ma perfettamente azzeccati. 

Marc, giovane pianista, assiste all'assassinio di una parapsicologa ma non riesce a vedere il volto dell'omicida. Mentre indaga aiutato da una bella giornalista, le persone con cui viene in contatto cominciano ad essere assassinate una dopo l’altra. La verità è insospettabile. 

Argento unisce agli stereotipi del thriller (quattro omicidi, lo sconosciuto che decide di indagare da solo…) una visione personale dell’horror: le uccisoni devono essere sadiche e spaventose. Perciò la vittima prima deve soffrire e poi essere uccisa con oggetti quotidiani (lamette, acqua bollente…) per far ricordare allo spettatore il dolore che sicuramente anche lui ha vissuto se pur in maniera minore. Un film che gli amanti del genere non possono non avere visto: un capolavoro.

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venerdì 3 aprile 2009

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CINEMA - "Watchmen"

Di Margherita Marchioni

Cosa fanno i supereroi in pensione? Muoiono. Sia metaforicamente che letteralmente. E' quello che accade ai personaggi del film di Zack Snyder, regista eclettico e visionario già al cinema con L'alba dei morti viventi e 300. La locandina di Watchmen ("Vigilanti" in italiano letterale), pellicola tratta dalla miniserie fumettistica di 12 numeri vincitrice di un Hugo Award e creata da Alan Moore e Dave Gibbons, potrebbe sembrarvi quella già vista per tanti altri film che narrano di supereroi. Ma questo è il film degli anti-eroi per eccellenza, forse il più bello degli ultimi anni - insieme a Hellboy 2.

In un'America del 1985 in crisi d'identità, nel bel mezzo della guerra fredda con l'URSS e con Nixon ancora al potere, i supereroi di Watchmen si ritrovano all'improvviso a dover fare i conti con la loro identità in dissoluzione. Niente più gloria, niente più battaglie da vincere per il bene della società. Sono stati costretti a togliersi la maschera e a deporre i loro poteri. 

Ma alcuni di loro non lo hanno fatto e continuano a vagare per le strade bagnate di New York, cercando di risolvere il mistero celato dietro la morte di uno dei watchmen più spietati, il Comico. Il fumetto Watchmen - come il film - analizza le contraddizioni del supereroe in costume, ne studia i vizi e i difetti, ribaltando lo schema del fumetto tradizionale. Il rapporto che gli uomini mascherati hanno con la società  è contrastato,  a volte di amore, altre di odio, perché il compito di un watchman è quello di proteggere  il mondo da se stesso. E i fini giustificano i mezzi, qualsiasi essi siano.

Scorre tanto sangue sullo schermo, un po' come in Sin City. I colori, con predominante azzurra, aggiungono qualcosa in più all'atmosfera. 2 ore e 30 di puro fumetto animato potranno stancare chi non ama i graphic novel, ma per tutti gli altri sono minuti di puro godimento.

Aggiungete titoli di testa da urlo e una colonna sonora eccezionale. Watchmen racconta la morte del sogno americano: "Che cosa è accaduto all’America? Che fine ha fatto il sogno americano?”. La risposta del Comico, accingendosi ad aprire il fuoco sulla folla in assetto da guerriglia, è lapidaria: “ Si è avverato. Lo puoi ammirare ora”.

Da Film.it: "Questa magnifica sequenza (titoli di testa) da sola riesce a raccontare tutta la disillusione di un’epoca invece dominata dal terrore della guerra nucleare e dalla perdita di valori comuni. Specchio dell’America degli anni ’80, della sua falsa democrazia in cui domina l’individuo sulla collettività, dove anche gli eroi perdono la loro innocenza e si fanno violenti e insensibili...".

Gustosa nel finale la battuta su Reagan candidato alla Presidenza degli U.S.A.

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venerdì 20 marzo 2009

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CINEMA - "Diverso da Chi?"

Di Margherita Marchioni


Oggi parliamo del film "Diverso da Chi?", presentato in anteprima, ieri sera, a Bologna, al cinema Medica Palace. Erano presenti Claudia Gerini e Luca Argentero, oltre al regista Umberto Carteni. Un film senza troppe pretese, che non giudica, nato per far ridere (e fa ridere!). Tratta la tematica sempre attuale della famiglia allargata e della sessualità complessa con simpatia, grazie ad una Gerini autoironica e davvero sorprendente nel ruolo della politica democratica, cattolica e perbenista che si ritrova a dover convivere per lavoro con il suo compagno di partito omosessuale. Tra i due opposti nasce un'attrazione inspiegabile, che lascia entrambi sbigottiti. Bravi anche Argentero - nel suo secondo ruolo gay - e Filippo Nigro, nel ruolo del suo fidanzato tradito. Finale conciliante e ottimista. Se volete passare un'ora e mezza piacevole al cinema, ve lo consiglio! Questo weekend andrò anche a vedere il nuovo cartone di Hayao Miyazaki, "Ponyo sulla scogliera", definito un capolavoro alla Mostra del Cinema di Venezia del 2008. Non cambiate blog!


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venerdì 13 marzo 2009

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CINEMA - Gran Torino

Di Margherita Marchioni



Questo venerdì parliamo di Clint Eastwood e del suo nuovo film Gran Torino. Il suo precedente lavoro da regista, Changeling, interpretato da Angelina Jolie, mi aveva lasciata perplessa e insoddisfatta. Stentavo infatti a riconoscere il Clint di Million Dollar Baby e di Mystic River: troppa carne al fuoco, sbrodolamenti eccessivi sui particolari macabri, sul voyerismo e sui luoghi comuni. Questa nuova pellicola, invece, mi ha folgorata per la sua franchezza e semplicità. L'atmosfera è molto simile a quella di The Wrestler. Personaggi soli ed emarginati che cercano di sopravvivere, in un mondo che continua a risputarli. Oltre a dirigere, Clint si cimenta anche nella recitazione e lo fa bene, anzi benissimo, perché il suo personaggio è uno di quelli che gli calzano a pennello.

Walt Kowalski ha combattuto in Corea e la guerra lo ha trasformato in un vecchio burbero con una bella faccia tosta. Non ci pensa due volte prima di mandare a quel paese il parroco. E nemmeno con i vicini di casa - coreani - ci va leggero. Riassumendo la sue condizione, come farebbe lui, si può dire che la sua casa è un'isola "bianca" nel mare di "musi gialli" che hanno invaso il quartiere. Sarà una macchina a unire le due realtà, la sua Ford Gran Torino. Il vecchio Walt tornerà a lottare non per combattere l'immigrazione, ma per sconfiggere il "male" che minaccia l'esistenza di un futuro migliore, un male senza colore né paese. Gran Torino è anche la storia di una grande amicizia, tra un giovane e un non più giovane, accomunati dalla mancanza di un posto nel mondo, un mondo che non comprendono e non amano e che, a sua volta, non li comprende e non li ama. Ma loro vanno avanti, perché, come dice Walt, “Me, I finish things, that’s what I do” ("Io le cose le finisco, questo è ciò che faccio").

Da vedere assolutamente.
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venerdì 6 marzo 2009

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CINEMA - The Wrestler

Di Margherita Marchioni



Ecco la pellicola da non perdere di questa settimana. Il film The Wrestler, di Aronofsky, è duro e toccante allo stesso tempo e meritava sicuramente qualche riconoscimento in più agli Oscar del 22 febbraio. Invece è rimasto con le sue due nomination in mano, una come miglior attore protagonista e una come miglior attrice non protagonista.

Come già in Sin City, il fisico di Mickey Rourke e il suo viso butterato sono perfetti per interpretare il ruolo del lottatore Randy "the Ram", wrestler sul viale del tramonto. E, proprio come il personaggio della Swason in Sunset Boulevard, anche quello di Rourke non riesce ad accettare il declino e la perdita di una carriera che era molto di più di un modo per pagare l'affitto. Il ring è l'unico luogo in cui la vita ha un senso. E allora Randy continua, perché senza il wrestling la vita gli sfugge, anche se è lì, a portata di mano. L'amore gli sfugge - e anch'esso sarebbe a portata di mano. Così Randy torna in "teatro", perché preferisce prendere punti di pinzatrice sulla schiena piuttosto che lavorare al reparto gastronomia del supermercato. Un infarto non lo fermerà. La morte non lo fermerà. Perché il senso della sua esistenza è tutto lì, in quei 30 secondi di urla del pubblico in attesa di un suo ram jam.

The Wrestler è un meraviglioso omaggio al mondo del wrestling e dei suoi protagonisti, un mondo in cui tutto si basa sul rispetto reciproco e sul ricordo degli anni '80. Una lettura interessante e, a mio parere, azzeccatissima è quella di Federico Gironi, su Comingsoon. Secondo Gironi, Randy sarebbe una metafora dell'America contemporanea, persa in un sogno irrealizzabile di se stessa: "Gli Stati Uniti che continuano a pensarsi grandi e irrinunciabili come nei reaganiani anni Ottanta, che non sanno più riconoscere se stessi e gli altri, che non sono capaci di legarsi e farsi capire dalle nuove generazioni, che si suicidano metaforicamente (e purtroppo non solo) andando incontro ad un conflitto che li sta insanguinando nell'anima".
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